Prima di addentrarci in questo campo di certo affascinante, ma non semplice ed estremamente vario, desideriamo premettere che questo lavoro è da intendersi come una esposizione dei principi base della scienza araldica, quella disciplina o meglio quel ramo della storia che ha per oggetto lo studio delle armi o stemmi nobiliari in generale, della loro origine e specie e della composizione dell’arma. Lo scopo di fornire le principali nozioni di base a chi – entrato nel nostro sito – desideri una conoscenza appena più completa su questo, sovente poco e non ben conosciuto argomento. Un minimo di terminologia. Araldica: detta anche Arte Araldica era la funzione dell’araldo e successivamente del re d’arme cioè di quel pubblico ufficiale addetto alle corti dei sovrani e dei grandi feudatari e agli ordini cavallereschi. In genere l’araldo era nobile o veniva nobilitato all’atto della nomina, vestiva una cotta di velluto armeggiata. Gli araldi prestavano uno speciale giuramento, erano inviolabili, formavano un collegio ed eleggevano a loro capo il re d’arme. Svolgevano importanti funzioni durante i tornei, le giostre, i passi d’arme; 1) prima fra esse era il riconoscere le armi dei cavalieri e di gridarne la forma e il contenuto. Essendo gli araldi altresì custodi contro l’usurpazione di titoli, venivano ad essi affidati i registri genealogici. L’Araldica detto in breve regola e governa gli stemmi gentilizi. Stemma: non ha – come può credersi – origine medioevale, basta citare lo scudo di Achille descritto nell’Iliade, i vessilli delle tribù di Israele comandati da Mosé, gli scudi dei Germani che Tacito descrive scuta lectissima coloribus distinguunt 2) ed infine quelli dei Cimbri e dei Teutoni sui quali campeggiavano figure di animali feroci, come racconta Plinio il Vecchio nel suo Bella Germaniae. Venendo a tempi successivi cioè al XI secolo rileviamo che, non solo in occasione delle crociate, il signore trovandosi confuso nella moltitudine dei partecipanti alla spedizione necessitasse di un segno distintivo della propria armatura, scegliendo quindi un colore ed un’insegna che – oltre a distinguerlo – lo rappresentasse. Analoga situazione si presentava in occasione dei giochi guerreschi, cioè come dicevamo prima tornei, giostre, passi d’arme nei quali i cavalieri si battevano coperti da armature che non consentivano il riconoscimento della persona. Si impose quindi la necessità di poter distinguere, anche da lontano, un cavaliere del quale non era visibile il volto. Di qui la soluzione di contrassegnare le parti più visibili cioè lo scudo e la gualdrappa del cavallo, con colori disposti secondo schemi scelti dal singolo cavaliere. Moltiplicandosi con il tempo i simboli personali si aggiunsero ai soli colori disegni che rappresentavano armi, attrezzi, animali, piante o altri oggetti. Ora era possibile riconoscere un cavaliere, ma si aveva la necessità di qualcuno in grado di conoscere, e quindi riconoscere, i vari simboli individuali. I funzionari incaricati del riconoscimento, sia nelle azioni belliche che nei vari tornei, assunsero quindi una veste ufficiale ed un nome ben preciso, gli araldi, come detto sopra. Arme(a) (pl. armi) viene così definita 3) “Dicesi arma o stemma il complesso di tutele figure, emblemi, smalti, ornamenti, contrassegni d’onore che servono a far conoscere la nobiltà di una famiglia.”, quindi i due termini vengono considerati dall’Autore e non solo da lui, sinonimi. Altri distinguono in maniera più riduttiva lo stemma quale simbolo in forma grafica, elemento distintivo individuale rappresentato su uno scudo; mentre come arme viene descritta una insegna costituita da uno stemma corredato da una serie di ornamenti esteriori aventi lo scopo di evidenziare il grado di nobiltà, le funzioni, il rango del titolare. Scudo è il supporto fisico dello stemma, il fondo su cui si disegnano le figure e le pezze araldiche, l’elemento centrale dell’ arme. Dal greco άσπις = scudo, al termine Araldica è stato dato da Sir Henry Spelman (1564- 1641) il sinonimo invero poco usato di Aspilogia. La scienza che insegna la comprensione delle leggi e del significato delle armi nelle diverse figure araldiche; l’interpretazione degli stemmi gentilizî nelle loro diverse figure e nel loro significato ed in ultimo la loro descrizione è detta Blasone. Quanto all’etimologia i più affermano che il termine derivi dal tedesco blasen = suonare il corno; quando un cavaliere si presentava a un torneo o giostra l’araldo ne esaminava lo scudo e se lo trovava senza macchia lo proclamava appunto suonando il corno. Blasonare, descrivere un’arme con la terminologia e nell’ordine fissato dalle regole araldiche.
Principali Forme degli Scudi:
Lo scudo da torneo o banderese è rettangolare largo 7 moduli e alto 8; Era lo scudo così detti cavalieri banderesi (chevaliers bannerets) cioè di quei signori che avevano il diritto di condurre alla guerra i loro vassalli sotto la loro bandiera.
Scudo Francese Antico detto anche Gotico risale al XII secolo
Scudo Francese Moderno o Sannitico. Di forma rettangolare i cui angoli inferiori sono arrotondati da archi di cerchio con raggio di mezzo modulo. Secondo alcuni autori esso è normalmente alto 8 moduli e largo 7, come lo scudo banderese, mentre altri riportano la misura di 9 moduli di altezza per 7 di larghezza. Il centro del lato inferiore è munito di una punta formata da due archi di cerchio anch’essi di mezzo modulo di raggio.
Scudo Italiano detto anche A testa di Cavallo, Presenta sette o nove sporgenze, due superiori, quattro o sei ai lati e una in punta. È una forma molto usata nei monumenti, particolarmente in Italia, ma compare più raramente nelle armi familiari.
Scudo Inglese, deriva direttamente dallo scudo sannitico al quale vengono aggiunte due piccole sporgenze triangolari alle estremità del lato superiore.
Scudo spagnolo, detto anche scudo ritondato Un quadrato cui si unisce, in basso, un semicerchio. È detto anche portoghese o fiammingo perché molto in uso in quei paesi.
Scudo tedesco, detto anche targa, è caratterizzato dalla presenza di un intaglio sul lato destro, che ha lo scopo di fornire un sostegno per la lancia.
Scudo a losanga, generalmente impiegato per le donne non sposate; nell’araldica inglese è utilizzato anche per le donne sposate.
Scudo ovale, detto anche ancile usato inizialmente in Italia, è stato poi adottato come forma standard per gli ecclesiastici e per le donne sposate. Se è appuntato in basso è detto anche perale.
Parlando ancora della forma dello scudo, si dice Scudo Antico (o all’antica) se disegnato ritto non sulla punta secondo il modo classico, ma appoggiato sul suo lato destro.
Importante: Nel linguaggio araldico la sinistra dello scudo è alla destra di chi guarda; infatti immaginando un cavaliere che abbia imbracciato lo scudo, la parte che noi vediamo a sinistra si trova in realtà alla destra di chi lo porta.
Partizioni dello Scudo: semplificando, possiamo partire uno scudo in cinque parti principali, dette
regioni: capo (in alto), punta (in basso), fianco sinistro (a destra), fianco destro (a sinistra), cuore o abisso.
Campo: è lo sfondo dello scudo sul quale si disegnato le figure e le pezze (l’insieme di carichi araldici) caratterizzati dall’avere una forma geometrica che non è assimilabile ad alcuna immagine connessa con il mondo naturale o immaginario). Di seguito alcuni esempi di pezze onorevoli di primo ordine.
Campi: tutte le tinte che possono coprire lo scudo, sette smalti e due pellicce o fodere.
Smalti: si suddividono in metalli e colori.
Metalli: sono argento e oro.
Colori: rosso, azzurro, verde, nero e porpora.
Pellicce: armellino e vaio.
Regola aurea: «mai metallo su metallo, né smalto su smalto», «mai colore tenue su tenue, né colore intenso su intenso»
Partizioni: gli scudi che hanno il campo di un solo colore sono detti scudi pieni. Lo scudo può essere suddiviso in vari campi mediante una o più linee. Tali partizioni quando risultano da una sola linea si dicono partizioni semplici, da più linee composte o meglio ripartizioni.
Le quattro partizioni di base (partito, troncato, trinciato, tagliato) sono talvolta definite «i quattro colpi guerrieri» e possono combinare all’infinito; inquartato in decusse, inquartato, troncato in scaglione, interzato in pergola.
Le partizione viene usata di frequente per indicare – secondo le regole araldiche – matrimoni, annessione di feudi, e così via.
Possiamo dire che vi è una sorta di gerarchia nel disporre gli elementi creati da una partizione; essi sono di dimensioni uguali, ma non hanno lo stesso «prestigio» se così si può dire; esso diminuisce dall’alto verso il basso, e da destra verso sinistra, e la blasonatura si fa secondo questa regola.
Un esempio di unione con partito:
Diamo un semplice esempio di blasonatura, andare oltre sarebbe passare i limiti che ci siamo prefissati.
Blasonatura 1 – di oro al leone d’azzurro linguato di rosso.
Blasonatura 2 – di oro a quattro pali di rosso.
Blasonatura 3 – partito di oro al leone d’azzurro linguato di rosso e di oro a quattro pali di rosso.
Blasonatura 4 – inquartato nel 1° e 4° di oro al leone d’azzurro linguato di rosso e nel 2° e 3° di oro a quattro pali di rosso.
Gli scudi sono quasi sempre <> di figure, cioè di motivi detti carichi. Ciò per la evidente ragione di rendere distinguibili gli stessi. Pochissimi infatti sono gli scudi così detti pieni o meglio dal campo pieno cioè di smalti o pellicce che ne occupino tutta la superficie.
I carichi araldici che hanno una posizione predeterminata e di norma invariabile sul campo dello scudo vengono detti pezze onorevoli o da illustri autori anche figure araldiche. Esse sono il palo, la fascia, la banda, la sbarra, la croce, il decusse, la pergola, lo scaglione, il capo.
Oltre alle pezze onorevoli – dicevamo sopra – di cui sopra, gli scudi sugli scudi vengono caricate le figure che quasi sempre illustrano il cognome. Una suddivisione estremamente sommaria può essere la seguente:
• figure naturali: sole, crescente, arcobaleno, stelle, leone, leopardo, cavallo, cane, aquila, ecc.
• figure artificiali: anelletto, candelabro, chiave, chiodo, corona, erpice, ecc.
• figure chimeriche o fantastiche: chimera, drago, sirena, grifone, arpia, liocorno, ecc.
Due soli esempi:
di rosso alla colonna d’argento coronata d’oro.
inquartato al 1° e 4° d’azzurro al leone d’oro (quello al 1° rivoltato alla tedesca); al 2° e al 3° partito: d’oro alla mezza aquila di nero coronata del campo, movente dalla partizione e palato d’oro e di rosso; il cuore rombeggiato di rosso e d’oro.
In altro scritto abbiamo parlato brevemente di corone, dobbiamo anora trattare di elmo, cimiero, svolazzi (o lambrecchini), padiglione e manto, imprese e grido d’armi, brisure ed in ultimo di livree; lo faremo in altro articolo.
Note:
1 Il torneo propriamente detto veniva combattuto tra due schieramenti; la giostra tra singoli cavalieri, sovente secondo le regole dell’amor cortese verso una dama. I tornei furono in uso fino al tempo che seguì alla morte di Enrico II re di Francia che venne accidentalmente ucciso dal conte di Montgomery in un torneo al palazzo delle Tournelles il giorno 1 luglio del 1559. Ne rimase comunque un’immagine nei passi d’arme, di cui furono tenenti Carlo IX ed Enrico III..
2 Tacito, De origine Germanorum, VI. 2
3 Felice Tribolati, Grammatica Araldica, ed. Hoepli 1904, pag 43.